Paternò Toscano - redazione

La famiglia è una delle più importanti tra le famiglie aristocratiche italiane e discende da tre antiche casate reali: quelle dei conti di Barcellona e di Aragona, dei conti di Provenza e degli Altavilla. Il suo capostipite fu infatti Roberto d'Embrun, appartenente al ramo dei conti di Barcellona, nel quale si erano estinti i conti di Provenza, conferendovi i loro feudi e i loro titoli. Roberto d'Embrun partecipò alla conquista normanna della Sicilia condotta da Ruggero d'Altavilla intorno al 1070, ottenendo i feudi di Paternò e di Buccheri, nuclei di vasti possedimenti che rimasero in possesso della famiglia fino al 1167. Secondo alcune ipotesi, egli assunse il cognome Paternò a seguito della conquista della omonima cittadina. Secondo altre, invece, la discendenza di Roberto d'Embrun assunse il cognome Paternò perché Costantino I, già Conte di Buccheri e figlio di Roberto d'Embrun, avrebbe sposato Maria, contessa di Paternò e figlia di Flandinia Altavilla e Ugone di Circea. Ciò spiegherebbe anche i grandi onori che i Paternò, anche prima del successivo matrimonio (1161) fra un altro membro della famiglia (Costantino II de Paternione) con un'altra discendente della Casa Altavilla (Matilde Avenel, nipote di Rainulfo di Alife), ebbero dai Normanni fin dall'origine della loro storia siciliana.

Lo stemma dei Paternò, come discendenti da una linea cadetta dei conti di Barcellona e di Aragona, è quello stesso della casata reale, oggi confluita nella casa di Borbone, Barcellona-Aragona (d'oro, ai quattro pali di rosso), al quale fu però aggiunta una cotissa d'azzurro per segnalarne la derivazione in linea secondogenita. Lo stemma è perciò identico a quello della famiglia Aragona Maiorca, altra linea cadetta della casata Aragona, anch'essa estinta.

A Roberto d'Embrun successe il nipote Roberto II Paternò, e a questi il figlio, citato sopra, il miles Costantino II de Paternione († 1168), signore di Buccheri, conte di Butera e Martana, testimone in almeno due diplomi di Simone il Guiscardo (rispettivamente datati 5-VIII-1143 e 30-XI-1148),[3] il quale sposò Matilde dell'Aquila, Drengot ed Altavilla, contessa di Avenel, pronipote di Ruggero d'Altavilla.[4] Lo stemma dei Paternò fu collocato, per ordine del Gran Conte Ruggero, sul portale del duomo di Catania insieme a quelli del re normanno e della città.

I Paternò ebbero onori e gloria sotto i Normanni, attraversarono un periodo più buio sotto gli Svevi, ma con gli Aragona (1282-1516) e con il successivo lungo periodo vicereale spagnolo (1516-1713), il quadro cambiò completamente e la rilevanza che questa Casa aveva avuto sotto i Normanni fu riconquistata, se non addirittura superata. I suoi membri divennero gli assoluti protagonisti delle vicende catanesi, tanto che l'Enciclopedia Treccani così ricorda: "... furono dotati di feudi ed onori dai Re Aragonesi... questa famiglia rapidamente ascese a grande autorità, impadronendosi del Governo Civile di Catania...". Fatto sta che già nell'XI secolo ebbero i titoli di Conte di Buccheri, Conte di Butera e Conte di Martana, e che a partire dall'epoca aragonese furono insigniti di un numero vastissimo di quelle importanti baronie che a quei tempi venivano concesse solo alle più importanti famiglie del regno. Fra il XII ed il XVI secolo ebbero circa sessanta baronie, fra le quali ricordiamo quelle di Pettineo nel 1170; nonché quelle del Burgio (1292), delle Saline (1292), di Regiovanni (1296), del Pantano di Catania (1340), della Nicchiara (1392), di Mirabella Imbaccari (1422), di Graneri (1453), di Sparacogna (1478), di Aragona (1479), di Spedalotto (1490), di Raddusa (1503), di Destra (1503), ecc.

Agli inizi del XV secolo, la famiglia si divise in tre rami, con i tre fratelli:

  • Nicola detto “il Maggiore” (morto nel 1428), primo Barone della Floresta (dal 26 marzo del 1399), primo Barone della Terza Dogana (dal 1423), Giudice di Catania (1422), Regio Consigliere, sposò Alvira Reggio, figlia di Jacinta di Mantova. Da lui discendono le Linee ancora esistenti: Principi di Sperlinga dei Manganelli; Duchi di Roccaromana e Marchesi del Toscano; Marchesi di Sessa.

  • Benedetto (Barone del Pantano Salso). Da lui discende una Linea estinta nel XVI secolo.

  • Gualterio, quinto Barone del Burgio, Barone dei Porti e delle Marine di Val di Noto, Barone di Imbaccari, ambasciatore degli Aragona presso il papa Martino V. Da lui discendono le Linee ancora esistenti: Principi di Biscari; Duchi di Carcaci; Marchesi di San Giuliano; Principi di Val di Savoja; Marchesi di Raddusa; Marchesi di Regiovanni e di Spedalotto; Duchi di San Nicola, Duchi di Pozzomauro e Conti di Montecupo.

Nel XV secolo Benedetto Paternò, secondo barone della Floresta, ottenne per la città di Catania il privilegio del buxolo, ossia l'autonomia amministrativa dal potere regio: la città veniva governata dalla "mastra nobile" nella quale i Paternò erano iscritti come famiglia più antica e nella quale, come cita l'Enciclopedia Treccani (voce Paternò, vol. XXVI) «vi dominavano al punto da farne escludere chiunque ad essi non piacesse e da impedire a chiunque di poter far parte dei nobili e del Governo della città di Catania senza il loro consenso».

In questi lontani secoli, i membri di questa Casa occuparono tutti i più importanti ruoli: Presidente del Regno, Strategoti di Messina (la seconda carica del Regno); Mastro Giustiziere, Gran Camerario, Vicario Generale del Regno, Giudici della Gran Corte, ecc. Numerosissimi di loro furono Ambasciatori e Senatori e, nel campo ecclesiastico, Vescovi, Arcivescovi o Cardinali.

Attenta fu anche la loro strategia matrimoniale. Come disse il Mugnos nel suo "Teatro Genealogico delle Famiglia nobili di Sicilia" (1650, vol. terzo, pag. 26), "più facil cosa sarebbe notare alcuna Famiglia delle Principali di Sicilia, con le quali non habbiano cognitione esservi apparentata, che raccontare tutte le casate che possano confessare haver dato, e ricevuto, uno o più quarti della famiglia Paternò... ".

Elencare tutte le alleanze principali sarebbe perciò complesso. Fra le famiglie del più antico patriziato catanese e siciliano in genere, possiamo ricordare gli Statella, i Gravina ed i La Valle. Tutte presenti nella Mastra nobile e tutte imparentate con i Paternò. Ed a queste vanno aggiunte, e sempre per rimanere nel contesto delle più antiche Casate siciliane, gli Asmundo, i Bonello i Maletta, gli Spadafora, i Ventimiglia, i Platamone, i Gravina Cruillas, i Bonanno, Chiaramonte, gli Alliata, i Bonaccorsi, i Branciforte, i Grifeo, i Guttadauro, gli Artale (discendenti dai Normanni), i Lanza, i Moncada, i Monroy, i Nicolacci, i Notarbartolo, gli Stagno, i Trigona, i Vanni d'Archirafi, ecc. Ma non solo siciliane o italiane furono le famiglie con le quali i Paternò strinsero alleanze. I Caracciolo, i Carignani, i Filingeri, gli Imperiali, i Gaetani, i Serra, i Sersale, gli Spinelli, i Borghese, i Cattaneo, i Corsini, i Marcello, i del Pezzo, i Savelli (discendenti da varie Case Sovrane), i Riario Sforza, sono infatti solo alcune delle innumerevoli famiglie con le quali i Paternò si sono imparentati. E, fra queste, non vanno dimenticate anche alcune Casate Reali, come quella dei Normanni, degli Aragona (Gonzales Paternò sposò Isabella d'Aragona, pronipote di Re Juan di Navarra e di Aragona e figlia di Alfonso, Conte di Ribacorge), degli Ibanez de Mendoza, Marchesi di Mondejar e dei Savoia-Aosta. E tutto ciò senza considerare i mille intrecci fra vari membri della stessa Casa Paternò.

Nel XVII secolo la Linea Biscari che discese da Gualtiero, Barone di Imbaccari, e le Linee che a loro volta gemmarono dalla Linea Biscari, assunsero il cognome di "Paternò Castello" in seguito al matrimonio fra un membro della Casa Biscari con l'ultima erede della Casata dei Castello. Nel 1633 i Paternò furono la prima famiglia catanese ad ottenere il titolo di Principe, quello di Principe di Biscari nonché il privilegio feudale di "mero e misto imperio", cioè del diritto di vita e di morte sui propri vassalli.

Il casato ottenne anche molti altri titoli nobiliari, fra i quali si ricordano quelli di Principi di Sperlinga e Manganelli (estintosi questo ramo, che era il primogenito, nella Famiglia Borghese con il matrimonio del 1927 tra Angela Paternò, dama di corte di S.M. la Regina d'Italia, VII principessa di Sperlinga dei Manganelli con Flavio Principe Borghese, XII principe di Sulmona), Principi di Valsavoja, Duchi di Carcaci, di Roccaromana, di San Nicola e di Pozzomauro, Marchesi di Raddusa, di San Giuliano, di Casanova, di Sant'Alessio, di Papale, di Graniti, di Gallodoro e di Motta Camastra (30 luglio 1783) e di Pollicarini (6 giugno 1783), di Regiovanni, di Sessa, del Toscano, Conti di Montecupo e Casanova (1727); Baroni di Binvini (XIV sec); Baroni di Belliscari (XIV sec.); Baroni di Cuba (XIII sec) e Maucino (XIV sec.); Baroni d'Aragona (XV sec), ecc. I Paternò furono anche Pari del Regno.

I membri della famiglia ebbero importanti cariche nell'ambito del governo della Sicilia e furono insigniti dei seguenti ordini cavallereschi: Cavalieri del Cingolo Militare e dello Speron d'Oro, dell'Ordine di Santiago di San Giacomo della Spada, del Ordine Supremo della Santissima Annunziata, dell'Insigne e reale ordine di San Gennaro, dell'Ordine di San Stanislao di Russia). Furono di diritto Grandi di Spagna in quanto pretori di Palermo. Alla metà del XV secolo entrarono a far parte dell'ordine di Malta, cui diedero un Luogotenente del Gran Maestro dell'Ordine di Malta" e tre Gran Priori.

La famiglia giunse a possedere, agli inizi del Seicento, 48 diversi feudi con mero e misto imperio e nel corso della sua storia ottenne 170 feudi principali, avendo diritto a sei seggi ereditari nel parlamento siciliano, di più cioè di qualunque altra famiglia di Napoli o di Sicilia. Al momento dell'abolizione dellà feudalità, all'inizio del XIX secolo, la famiglia possedeva 80 000 ettari di territorio e cinque seggi ereditari al Parlamento, undici fra città e terre in vassallaggio con circa 20 000 sudditi, ventisei feudi con mero e misto imperio.

fonte: Wikipedia