PIAZZETTA CROCIFERI ALLA NOCE (TERZA PARTE) - DI SANTI LO CURCIO
Io devo stare attento anche alla gente, molto attento, possono rubarmi i soldi e perciò li cambio sempre di posto e soprattutto le ragazze sono pericolose - tappinare e zanne - diceva mia madre e non mi ci faceva avvicinare. Ora sono costretto a servirle io, mi chiedono candele colorate e profumate di violette ma io non le compro queste cose. Una volta una ragazza mi ha chiesto dell'elastico per le mutandine, io mi sono sentito bruciare le orecchie e la voce mi si è fermata in gola, allora ho fatto segno di no con la testa e lei è corsa fuori dove c'erano delle amiche che l'aspettavano, le ho sentite allontanarsi con uno sbattere veloce di tacchetti e ridevano come pazze.
Nei pomeriggi di domenica, quando sto sdraiato sul letto perchè non so cosa fare, sento quelle risate che sbattono sulla lampada, rimbalzano sui muri, mi scoppiano nella testa, allora mi metto a fare le porcherie, però non mi piace più di tanto come quando c'era lei che bussava dietro la porta e mi diceva di non fare il porco e questo non lo so perchè, ma è così. Una volta che ero preso di freddo mi sono messo la sua vestaglia e anche la sciallina, poi mi è venuto di farlo è stato bellissimo, mi sembrava di sentire la sua voce che gridava come prima.
C'è qualcosa di male in quello che faccio? Non credo, io sono un bravo ragazzo, non do fastidio a nessuno, mi faccio sempre i fatti miei e sto attento a ricordarmi tutto quello che mi diceva lei che mi voleva tanto bene.
Ora mi succede un fatto molto brutto. L'altra mattina all'alba, mentre andavo a gettare le immondizie, ho sentito che l'aria intorno a me si faceva tesa come un cristallo e poi esplodeva, non ho capito niente ma ho avuto paura e mi sono messo a correre gridando e urlando sui muri come uno scarafaggio con le ali. La strada non finiva mai, sentivo chiudere porte e finestre, e quando finalmente sono arrivato alla bottega ho serrato bene le due porte e mi sono rannicchiato sotto il bancone. Ero tutto bagnato di piscio e battevo i denti.
Dalla piazzetta non arrivava nessuno dei rumori che conosco così bene, silenzio assoluto, sembrava che tutti dormissero ancora, ho trovato solo dopo un pezzo la forza di alzarmi e di rimettermi in ordine, ma il coraggio di aprire la bottega non l'ho avuto.
Doveva essere molto tardi quando ho sentito bussare cosi forte che mi è tornata la paura, ho dovuto aprire; ho capito che erano sbirri prima che si qualificassero, mi sono messo a piangere e gliel'ho detto che non ho visto niente. Detto e ripetuto che sono cieco e che d'avanti agli occhi mi passano solo le ombre. Loro si muovevano come padroni, aprivano, chiudevano guardavano dappertutto, mi scombinavano ogni cosa. Cosa cercavano da me? Che potevano trovare? Continuavano a chiedermi cosa avevo visto e io a ripetere le stesse cose, che sono orbo, non ci vedo proprio.
- Va bene - mi dicono ad un certo punto con fare autoritario - domani ti portiamo dall'oculista e se hai cercato di prenderci per il culo, la licenza te la puoi scordare -.
Ora sono seduto davanti alla porta della mia bottega, c'è un buon sole che scalda, ogni tanto punto i piedi per terra e faccio abbattere la spalliera della sedia contro il muro, cosi sto qui a dondolarmi stringendomi le mani sotto le ascelle.
Ieri al ritorno dalla visita di controllo mi ripetevo le parole del dottore:- Se fosse stato curato da piccolo non avrebbe perso la vista -. Le ho ripetute tante volte sino a non capirle più e non ho chiuso occhio per tutta la notte. Stamattina ad un tratto nella mia testa si è mosso qualcosa, ho sentito arrivare un pensiero, lento lento, come una di quelle nuvole d'estate che sembrano ferme, sospese, e il pensiero diceva: - Perchè lei che ti voleva tanto bene non ti ha curato? -
Io non volevo pensarla questa cosa ma , non so come, mi è venuta d'avanti e non sono riuscito a mandarla via. E' rimasta piantata come un punto di domanda grandissimo, poi dietro a questa cosa ne sono venute altre, pensieri e pensieri, cosi tanti che mi pareva di non poterli tenere più tutti insieme nella testa, cosi sono venuto a sedermi fuori e mi dondolo per calmarmi. Cerco di mettere ordine in questa confusione però la risposta non mi viene, non la so, forse non c'è o forse si, fatto sta che se la mia vista fosse stata buona ora sarei morto, gli sbirri sarebbero riusciti a farmi parlare. Ora si staccherebbero quelle due ombre che da quando sono seduto qui stanno ferme sulla porta della taverna e mi verrebbero vicino, sentirei di nuovo l'aria fermarsi ed esplodere, poi più niente. allora arriva un altro pensiero che mi fa tremare, nessuno sa che non ci vedo, ho sempre fatto la parte come mi ha insegnato lei, il trucco degli elastici ed altro pr non far capire niente a nessuno, ora però debbo muovermi, debbo far sapere a tutti che non ci vedo, non è una cosa da niente, quei due potrebbero essere qui per me. Mi alzo di premura, gli occhiali che avevo posto sulle gambe mi cadono per terra, inseguo il rumore e li pesto con i miei grossi piedi, tanto lo so da un pezzo che non mi servivano più. Dieci passi a destra e sono sotto il balcone della vicina:- Zza Nina! - chiamo, lei si affaccia subito, la sento rispondere. - Inuzzu, c'è cosa? - Allora grido come se fossi assai lontano. - Zza Nina, gli sbirri mi portarono a Palermo dal dottore per gli occhi e glielo disse pure lui che non ci vedo, sono orbo Zza Nina, sono orbo. -
Fine terza parte